COMUNICATO
“Siamo DRUGHI.
Non chiediamo privilegi, ma il diritto di tifare.
Non vogliamo muri, ma rispetto.
Perché la Juventus si ama insieme, NON contro.”
“Se stanno con noi ci danno una mano.
Che quando ce li abbiamo al nostro fianco ci sentiamo più forti, abbiamo più energie.”
(Luciano Spalletti)
Ringraziamo Luciano Spalletti per queste parole, perché descrivono perfettamente cosa rappresenta il tifo per una squadra.
Proprio per questo sentiamo il dovere di rispondere a lui e a tutti i media che continuano a rimettere in discussione lo sciopero del tifo, ricorrendo alla solita e ormai logora triangolazione tra ultras Juventus e Questura.
Da troppo tempo la nostra protesta viene volontariamente travisata, raccontata come se fosse una richiesta di favori, benefici o addirittura una forma di estorsione.
Lo diciamo con chiarezza: questa narrazione è falsa, offensiva e strumentale.
Non chiediamo privilegi, non chiediamo agevolazioni, non chiediamo scorciatoie.
Chiediamo solo rispetto e il diritto di tifare.
Da anni portiamo avanti una richiesta semplice e legittima:
poter esporre striscioni al secondo anello, come avviene in qualsiasi stadio d’Europa.
Una richiesta che viene sistematicamente negata dalla Digos e dalle autorità competenti, nonostante ci atteniamo scrupolosamente alle procedure che ci vengono indicate proprio da loro.
Risposta: “riconducibile” o, come specificato nella comunicazione ufficiale del G.O.S., in quanto:
“il materiale coreografico proposto dai richiedenti, unito a quello già presente, determinerebbe la presenza esclusiva di un solo gruppo nell’anello superiore, impedendo ad altri gruppi eventuali richieste e determinando nocumento sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica”.
PERCHÉ QUESTA MOTIVAZIONE È CENTRALE
Questo passaggio non è una nostra interpretazione e non è una provocazione.
È una motivazione ufficiale, scritta nero su bianco.
Nel diniego non si parla di violenze,
non si citano episodi pericolosi,
non si fa riferimento a comportamenti offensivi.
Si parla invece di presenza esclusiva di un gruppo e di riconoscimento all’interno di un settore.
Ed è qui il punto centrale: il problema non è la sicurezza reale, ma il semplice fatto che un gruppo di tifosi venga visibilmente riconosciuto.
Questo rende evidente che non si sta prevenendo un rischio concreto,
ma si sta negando l’esistenza e il riconoscimento di un gruppo di sostenitori, anche in assenza di qualsiasi minaccia per l’ordine pubblico.
A questa negazione si aggiunge un’altra richiesta di semplice buon senso, anch’essa sempre respinta:
la possibilità di introdurre qualche megafono in più, adeguato alle dimensioni del secondo anello.
Il secondo anello è estremamente lungo e, con un solo megafono, è materialmente impossibile coinvolgere tutta la curva ed esprimere il massimo del tifo.
La risposta è sempre identica:
“Uno per gruppo”.
Eppure assistiamo regolarmente a situazioni in cui, in altri contesti, vengono installati veri e propri impianti audio dedicati al tifo.
Una disparità di trattamento che solleva una domanda semplice: questa è davvero equità?
Nel frattempo continua un inutile “scaricabarile” tra Juventus e Questura.
La Juventus ripete:
“Per noi va bene, ma la Digos non vuole”.
Ma allora ci chiediamo pubblicamente:
se davvero la Digos non vuole, perché gli steward della Juventus, dipendenti e quindi a busta paga della società, continuano a far rimuovere qualsiasi indumento o vessillo che richiami ai gruppi organizzati?
Noi presentiamo le richieste come previsto.
Il risultato è sempre lo stesso:
autorizzazioni negate
multe a raffica
Come possono tifare ragazzi che espongono semplici pezze di appartenenza territoriale, solo per indicare da dove vengono — Marche, Svizzera, ecc. — e vengono multati per questo?
Perché multarli?
“Il regolamento dello Stadium parla chiaro, nulla può essere esposto senza autorizzazione”.
Le richieste però vengono presentate regolarmente.
Risultato: autorizzazione negata. Multa.
Credeteci: a volte è davvero difficile tifare in queste condizioni.
Perché farlo sapendo che dietro l’angolo c’è sempre una multa, che significa un’ammonizione e, alla seconda nel corso della medesima stagione sportiva, l’arrivo del tanto desiderato e atteso provvedimento DASPO?
Eppure non abbiamo fatto nulla di offensivo.
Non abbiamo acceso torce.
Non abbiamo rotto nulla.
Non abbiamo colpito nessuno.
Non abbiamo intimidito nessuno.
Siamo ragazzi che lavorano, che spendono il proprio stipendio per seguire la Juventus, affrontando voli costosi e tempi di percorrenza assurdi, come è successo a Bodø.
Quella presenza è stata sacrificio vero.
E per questo avremmo voluto una sola cosa:
una prelazione per la successiva trasferta europea.
Non volevamo soldi (30 € in buono)
Non abbiamo mai chiesto rimborsi.
Volevamo solo rispetto per chi c’era davvero, bastava una prelazione alla prossima trasferta europea. Perchè questo è un premio per chi c’è sempre e per chi ci sarà sempre.
Noi siamo DRUGHI e lo saremo sempre.
Ma non possiamo e non dobbiamo pagare a vita la nostra appartenenza, il nostro essere, la nostra storia.
Non chiediamo indulgenza.
Non chiediamo trattamenti speciali.
Chiediamo solo che non venga criminalizzato “per partito preso” chi ama la Juventus e la segue ovunque.
È tempo di smetterla con divisioni, racconti tossici e muri inutili.
Torniamo tutti a remare dalla stessa parte, per il bene della Juventus, della curva e di chi vuole semplicemente tifare scegliendo NOI come riferimento per farlo.